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lunedì 30 aprile 2012

36




Mi sembrava un numero particolarmente insipido, fino a qualche ora fa. Dopo l’opportuna overdose di zuccheri - che la crema pasticciera è un’arte perigliosa - un caffè corretto panna montata, la candelina spenta (una e simbolica, che non ci sono estintori a portata di mano) e una solida Diana Blu, devo ammettere che la prospettiva è cambiata.
Trentasei. 
Diciotto? Sì, per-due, come le gambe. La boa della maggiore età oltrepassata a pelo d’acqua; e pure a contro-pelo, già che c’ero. Non amo le cifre tonde ma forse, questa, un senso ce l’ha (con buona pace di Vasco Rossi).
Non mi dispiacciono le rughe. Quelle che s’impennano sotto gli zigomi, quelle che arricciano il naso, quelle che increspano le palpebre. Perché suggeriscono, nemmeno troppo in sordina, che la mia faccia, da quando ha imparato a ridere, non ha più smesso.
La pelle non è più tonica, qualche capello è impallidito inesorabilmente, la taglia trentotto è alla conquista della quarantadue, la schiena fa le bizze. 
Chissenefrega. È tutto talmente naturale da essere sacrosanto e perfetto.
I cento “buon compleanno” degli amici, il piccolo che canta, con il papà, “Tanti auguri a te” (mettendoci persino la erre!), la cagna che scodinzola e, fuori, le lucertole che si rincorrono, in un instancabile zig-zag tra il pesco, l’albicocco, il glicine e i girasoli. 
Ecco cos’è, che trasforma un insulso 36 in un pomeriggio di primavera.

venerdì 27 aprile 2012

Buon compleanno




Gioia. Si chiama così, la maestra d’asilo di mio figlio. Be’, la giusta definizione è educatrice, in realtà; e io non dovrei cedere alla tentazione di nomenclature nostalgiche e scorrette. Non devo a ragion veduta, a dirla tutta, ché i latini già sapevano che ex-ducere significa trarre fuori, allevare, condurre a compimento le naturali inclinazioni di un individuo, muovendosi entro un adeguato perimetro di regole, sponde fondamentali per una convivenza serena. 
Entrambe, Gioia e io, festeggiamo il compleanno il trenta aprile. Anche se lei è nata nell’86, dieci anni dopo di me. Strana coincidenza, no?
Qualche giorno fa si è presa della lavativa dai genitori di una bimbetta inespressiva e dispettosa. Perché si è permessa di partecipare a qualche assemblea e, addirittura, di scioperare per un’intera giornata. L’anno prossimo, per fare cassa, qualcuno potrebbe chiudere la sezione “nido” dell’asilo. Gioia perderebbe il posto di lavoro e, con lei, le ausiliarie (alla soglia degli anta) che tengono pulite e in ordine le aule, consolano cosini di diciotto mesi con le ginocchia sbucciate, sorvegliano entrate e uscite.
«Sono andata a casa, mi sono fatta un pianto e, il giorno dopo, ho cominciato a chiedere a tutti se, per caso, apparissi davvero come mi avevano descritta», mi ha detto Gioia. «Ma va là, patata!», mi sono limitata a risponderle, «deve sempre ricordarti di verificare quale sia il pulpito da cui viene la predica! In certi casi - te lo dico da vecchia zia - io ho imparato a prendere simili critiche per complimenti... mi spiego?»
Ho cercato di alleggerire. Poi le ho chiesto se il prossimo luglio terranno aperta la struttura per i centri estivi. Un mese di giochi d’acqua, piedi nudi nell’erba, sole e piccoli guerrieri armati di palette e secchielli. «Spero di sì,» mi ha risposto, «anche perché - detto tra noi - solo così mi pagherebbero anche il mese di agosto. Che, per carità, non è che ottocento euro siano una fortuna, ma meglio di niente, no?». 
«Ottocento euro?!»
«Sì, perché sono anche coordinatrice. Altrimenti sarebbero cento in meno.»

Cristo, no! Eh no, porco cane! 

Non date a Beppe Grillo, del populista, prendetevela con me, perché sto per spararne una sfilza, d’accordo?
Fanculo alle scuole private, religiose e non. Fanculo ai porci con le cravatte Regimental infilati nella solita autoblù mille-e-sei. Fanculo Pd, Pdl, Centro, Dintorni, ABC e tutto l’alfabeto di ladri auto-eletti, sedicenti rappresentanti del popolo. Fanculo al caro benzina, all’Imu, all’Iva, alle tasse regionali, provinciali, comunali, condominiali. Fanculo gli idraulici che non emettono fattura,  i notai, i dentisti, gli oculisti, e tutti gli altri “isti” che riducono la professione a una targa sulla porta e a uno stramaledetto viaggio nel mar Rosso. Fanculo all’abbonamento carissimo, e all’autobus che c’è fino a una cert’ora. Fanculo a banche e banchieri, novelli Dracula non per fame, per avidità. Fanculo agli schiavisti dei call center, della grande distribuzione, delle compagnie assicurative. Fanculo ai contratti a tempo, che impediscono di far valere i propri diritti e sfilano la dignità dal volto della gente.
È fuori da ogni grazia umana, prima che divina, che la ragazza, forte, preparata, giovane, piena di brio, che ci ha aiutato a insegnare a nostro figlio a pronunciare correttamente il proprio nome, a fare pipì nel vaso, a mangiare con la forchetta, a usare una forbice, a rispettare il prossimo, a collaborare, ad amare i sassi del giardino quanto le favole, rischi di rimanere disoccupata. Ed è folle che l’imbecille di turno se la prenda con lei. Quasi quanto il fatto che un paese, in cui tutto ciò convive con nonchalance, continui a definirsi civile.

Tanti auguri, cara Gioia. E grazie di tutto.

domenica 22 aprile 2012

Ocra elettrico




Doveva essere qualche accidenti di rito catartico. Una specie di immersione nel più imo strato della natura, o dell’archetipo umano. Le piaceva stare così, incorniciata dal metallo della porta-finestra spalancata, a godersi il cielo giallo farsi grigio e poi nero. Non poteva evitare di ripetere “farà danni, viene dalle montagne”, giusto un istante prima di allungare i piedi nudi oltre la lunga piastrella di marmo, fin sulle minute losanghe stracotte del terrazzino. Preda di una fibrillazione incomprensibile, “Conta i secondi tra il lampo e il tuono!” trillava, “Sei pronta?” 
Non lo ero. Infilata in un pigiama zero-dieci, detestavo ogni folata, il zig-zag luminoso delle saette, il rombo mortifero di scontri inarrivabili. La mia carne pareva farsi a brandelli, lungo lo scheletro; molecole scomposte dal terrore. Odiavo vederla lì. Avevo tutta la paura del mondo. “Mamma, torna dentro, per favore!” frignavo, ma lei non sentiva. I suoi timpani erano invasi dall’odore dell’asfalto, dai rami sfogliati dal vento cupo e circolare, dal tintinnare sinistro di qualche lattina sui marciapiedi. Con chi parlava? Di chi erano la voce e il profilo cui si rivolgeva puntando lo sguardo tra i nembi? 
No, in realtà non è che odiassi vederla lì: odiavo lei. Perché aveva un corpo vuoto, che se ne stava in un remoto altrove troppo distante dall’umidità della terra. E da me.

Non c’è equilibrio, oggi. Umore mutevole. Perché sono una donna, e meteoropatica, per giunta. Perché piove a gocce grosse e sfacciate, mentre un sole sfinito cerca di allargare uno squarcio tra le nuvole. 
Potrei non essere così nervosa, se solo, dai tetti tra gli orti sino al ponte del duomo, un bell’arcobaleno stirasse la schiena, incurante di quest’orribile, ferale ocra elettrico.

sabato 7 aprile 2012

Pasqua. Con chi voglio.



Ecco fatto, domani è Pasqua. Santa, per chi ci crede. Santa perché risorge Cristo. Eh, ‘nata-vòta. Una ricorrenza la capirei, per carità. Mica ignoro il valore di un compleanno, per esempio. Quello che non riesco proprio a comprendere sono gli inni di giubilo che puntualmente, ogni anno, recitano “Osanna! Gesù è risorto!” (ma non si chiamava Cristo?!). Venerdì ri-muore, sabato tutti a elaborare il lutto, domenica Zacchete!, eccotelo che sguscia fuori dal sudario e, come le paste della comunione, si ripresenta. Che poi, non erano tre, i giorni di catalessi? Uff, davvero non mi ci raccapezzo.

I miei vicini appartengono a una communità tutta particolare: sono neo-catecumenali. E, a me, terrorizzano. A Pasqua, di solito, si dedicano al battesimo di un pargolo, passando la nottata a intingere l’infante nell’acqua santa. Uh, che esagerata! - direte voi - mica potranno avere ogni anno un nuovo figlio dal quale rimuovere il peccato originale (a ri-eh...)! 
Sbagliate. Devono rimpinguare il gregge, allargare la cerchia (non so se mi spiego). 
Quando passeggiano accanto a Don Fastidio - obeso mentore e sommo sacerdote della Community che osserva, torvo, da sotto la tesa del Borsalino - dimenticano di salutarci. Forse perché hanno ricevuto, a nostra insaputa, una “proposta che non avrebbero potuto rifiutare”? O perché non siamo sposati, perché non frequentiamo la chiesa, perché nostro figlio non ha fatto la bustina di tè, né a Pasqua, né a ferragosto, e l’olio santo non gli ha neppure sfiorato la fronte? Siamo fuorilegge. Prima o poi agguanteranno il piccolo e lo raperanno a zero, per controllare che non abbia tatuato, sul cuoio capelluto, un sonoro 666.
Hanno teso una rete oscurante tra il loro giardino e il nostro. Non vogliono che la prole benedetta abbia troppo a che fare con questo bimbetto riccioluto e biondo, candidato al limbo eterno (le spie del demonio - è noto - sanno camuffarsi alla grande). Non si sa mai, magari il furore cattolico dei frugoletti on the road potrebbe squagliarsi, tirando una palla di Ben Ten da qui a lì, o ridendo con il nemico dell’agilità di una cavalletta (per ora, nessuna invasione da segnalare). Ma i cattolici, una volta, non erano quelli che, tra un’ostia e un Amen, ripetevano “Ama il prossimo tuo come te stesso”?
Abbiamo scoperto che anche il nostro pediatra di fiducia fa parte della stessa Community. Il piccolo, ogni volta che incappa in una visita di controllo, piange disperatamente, manco lo squartassero vivo. Abbiamo la fortissima tentazione di cambiarlo, possibilmente piazzando al suo posto un nostro amico medico. Pediatra. Gay. Così magari ci becchiamo la scomunica ufficiale, con tanto di ignominiosa espulsione dall’isola. 
Ché le cose si devono fare per bene, e siamo (poveri) diavoli assolutamente coerenti, noi!
Un’occhiata al polso. Pasqua, tra meno di due ore. Don Fastidio e i suoi accoliti, per un’intera giornata, fortunatamente, saranno in altre faccende affaccendati, e potranno risparmiare fiato, moniti, altrui porte e vernice scarlatta. Roba che mi viene da santificarla sul serio, ‘sta resurrezione...
Per l’occasione, noi ci abbracceremo ripetutamente, ci sbellicheremo per qualche nuova, meravigliosa scoperta del piccolo, ci abbufferemo di cioccolato, e pregheremo un sacco. 
Sono certa che Madre Natura sarà bonaria e ci risparmierà l’acetone.