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sabato 29 dicembre 2012

Bollywood



Ascolto il tiggì. È quello di Raitre e mi fido. Be’, mi sono fidata spesso, diciamo. 
E mi sa che ho fatto una cazzata.
Ennesimo servizio sulla ventitreenne indiana stuprata dal branco, scagliata fuori dal pullman e, infine, spirata. La chiosa più nera che mai, aggiunge carne al fuoco: ieri, una diciassettenne si era recata in caserma, asserendo di aver subito una violenza di gruppo. I poliziotti l’hanno stuprata a loro volta. 
Ecco. Se fossero le mie figlie, queste disgraziate, credo mi augurerei di raggiungere il comando in un giorno di lavoro asfissiante, in modo che siano tutti lì, pronti a godersi l’odore della propria pelle che si squaglia, mentre io mi diverto a spargere benzina e fiammiferi accesi in ogni recesso dell’edificio.
Per fortuna, però, vivo qui e con un uomo illuminato, capace di lanciarmi un salvagente ogni volta che rischio di affogare in un mare di populismo terribilmente facile. “È un abominio, quello che accade. Ma fa schifo anche la strumentalizzazione che i nostri media mettono in atto. L’Italia ha una questione aperta, con l’India, per via dei due marò... in tutto il Medioriente ci sono situazioni incredibili. Hai presente le donne sfigurate con l’acido? Quando mai ne sentiamo parlare?!”. 
Ha ragione. Quanti stupri sono passati sotto silenzio, sin qui? Perché? E perché l’autobus sul quale è avvenuta la “prima” violenza stava attraversando dei posti di blocco? Quante cose non sappiamo di una realtà così lontana, tutti presi dal giudizio da tasca che ci portiamo sempre appresso?
Noi, con la nube nera del vaticano sulle spalle, un ex primo ministro affamato di ragazzine (e che ha il coraggio di ripresentarsi, come le paste della prima comunione), gente che s’infila in caschi cornuti sventolando bandiere celtiche, manichini che scendono in campo, salgono in politica o svoltano ovunque pecunia li porti e innumerevoli altre esilaranti amenità, dovremmo imparare a fare un paio di cose: capire, aprire gli occhi (il terzo incluso) prima di dare aria alla bocca; e sforzarci di tracciare un perimetro limpido, prima di dare fuoco alle caserme. 

Ho spento la tv. E il tiggì non era ancora finito. 
Sono un'autentica rivoluzionaria da divano.

1 commento:

  1. L'importante è che i divani non ci tolgano la capacità di riflettere ed elaborare gli inganni del sensazionalismo. Brava Ale, che te lo dico affà!

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