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giovedì 8 marzo 2012

Ottomarzo


L’azienda per cui lavoro preferisce che non si facciano straordinari, ché non ama pagare più di quanto dovuto. Allestisce gioiosi corsi di marketing spinto per i ragazzi dei reparti (il nuovo grido di battaglia è “Vendere! Vendere! Vendere!”), richiede una divisa pulita e stirata e trentadue denti lindi, infilati in un sorriso smagliante; più bianchi e affilati di qualsiasi testimonial da dentifricio white-qualcosa. Però, ieri, ha donato a ciascuna dipendente femmina il mazzolino di mimosa d’ordinanza. Evviva.
Ho ricevuto altri fiori anche oggi. Sempre i medesimi tondi bioccoli gialli, da parte di un’amica.
L’otto marzo è l’otto marzo. È utile, come qualsiasi cosa aiuti a mantenere sveglia la memoria. Non mi dispiacciono gli omaggi floreali, né l’insolita gentilezza dei bipedi di sesso maschile. Certo, un po’ affettata, leziosa, vestita dell’immancabile ghigno sornione, che resta appeso alle labbra per sottolinearne la caducità. Cavalieri a tempo determinato, insomma, perfettamente coerenti con il periodo storico, la crisi, i contratti semestrali rinnovati (e mica è detto!) all’ultimo secondo.
Non amo le disparità. La mancanza di rispetto mi atterisce a trecentosessanta gradi; le questioni di genere, al massimo, aggiungono ulteriore abbattimento. “La donna è tale tutto l’anno, non solo oggi!”. Et volià, la regoletta d’oro per l’imbottigliamento dell’acqua calda, sentenziata dalla solita femminista della domenica (o del giovedì, tanto è uguale). Ripeterlo ogni otto marzo vi sembra necessario? Avete ottenuto strabilianti risultati, sinora? 
Meritiamoci la stima degli altri esseri umani, senza troppe recriminazioni vuote, senza slogan da spot pubblicitario, senza sputare - altere e toste da paura - su quattro poveri fiori. Sono vivaci, sferici e soffici e, a me, stanno simpatici.

Oggi mi tocca la ricostruzione di un molare. Per ricordare la morte di decine di lavoratrici, in fondo, anche il trapano può essere catartico. 
Spero solo che il dentista non si vesta di giallo.

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