non leggere









sabato 25 aprile 2015

Grazie, Aldo.



È mattina. Il tabaccaio è aperto. Compro le sigarette e Il Manifesto, ché oggi c'è l'Alias speciale. Prendo anche un giochino per Topodimamma e scelgo un numero per la lotteria, il 19, il giorno in cui è nato lui; magari si vince la cesta con l'olio buono, non si sa mai.
Poi passeggio lungo la riva, diretta alla farmacia. Anche il panificio è aperto. Pane fascista, probabilmente, ma lo abbiamo finito, quindi toccherà fare scorta.
In farmacia, prima di me, c'è un signore di una certa età che parla con Gianni. Gianni se le fa sempre dentro, le feste. Il signore, un uomo di bassa statura, parzialmente calvo e già con una sporta piena di scatoline, gli sta mostrando una foto. "So mi", dice, "gèro a Torino, setantàni fa. Àrime, gèro vestìo da partigiàn!", aggiunge, con un sorriso pieno e fiero. Mi avvicino di qualche passo, in barba alla linea che dovrebbe tutelare la privatezza del cliente precedente. "Posso vardàr anca mi?", dico; e lo faccio in dialetto, ché è più facile chiedere il permesso di sbirciare una foto in bianco e nero se ti presenti come si deve. Il signore volta l'immagine verso di me, felice come quando Topodimamma trova l'ultima figurina dell'album. Il farmacista si limita a ripetere che vi è ritratto "proprio un bel òmo" e io seguo i profili di quel volto. Un viso giovane, con lo sguardo di fuoco. Il signore avrà avuto vent'anni. Imbracciava un fucile. "Gèro in piàssa Vittorio, co i ga da' l'annuncio dea Liberazione. No ve digo che beo, che xe sta'!" e si capisce eccome, quanto deve essere stato bello, per lui, essere in quella piazza. "Xe a me festa, oggi. E so 'ncora vivo". "Per fortuna", dico io, e "Sì, è proprio la sua festa. E anche la mia."

Indosso i pantaloni sui quali avevo cucito le toppe rosse, l'anno scorso, costretta a lavorare. Ci avevo ricamato alcuni versi di Bella ciao. E giusto ieri pensavo a quanto sarebbe stato importante parlare con un partigiano, il 25 Aprile.
Uscita dalla farmacia ho raggiunto il panificio. Il partigiano era davanti a me. Ha lasciato la sporta con i medicinali alla panettiera. "Ti me a tièn, finché vado tórme el giornal?", le chiede. "Sì, Aldo", fa lei. "Ma no sta a magnarte tutto...", la mette in guardia. "Mi, 'sta roba, no me a magno de sicuro!", chiosa lei.
Ecco, evviva!, so come si chiama.

Oggi, nonostante tutto, questo è un paese libero. E io sono felice. 

Grazie, Aldo. A te, e a tutti gli uomini che, in bianco e nero, gioivano in piazza, settant'anni fa.


Nessun commento:

Posta un commento