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lunedì 2 gennaio 2012

Ode a Roby Facchinetti


«Parlaci-di-te.»
Ambè, una cosa da niente.
Sono una mille-foglie farcita di tutto quello che, ad altri, pare strano. Per lo meno così dice la nonnetta che mi ferma, puntuale come lo scampanio di Don Fastidio, davanti alla farmacia se, per esempio, mi sogno di mettere i jeans del liceo, quelli strappati, da squinzia di ritorno.
Sono una donna targata 1976, figlia del terremoto, laureata all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Posto magnifico ove t’insegnano, tra le altre cose, che la curiosità uccide solo gatti degli anni ‘80.
Sono una ex-segretaria di redazione. Ex, causa evidente e improrogabile stato interessante protrattosi (vocazione elefantesca) sino a oggi - mio figlio ha due anni e mezzo - e smilzo Co-co-pro non-rinnovato.
Faccio la radio. Ah-ah! Davvero comici. No, niente malta e mattoni e barchetta di carta sul cranio. Presto l’ugola alle onde medie, così, a tempo perso e no, non mi pagano: lavoro per la Sòra Gloria, che da tempo immemore si arricchisce alla faccia mia.
I Diggèi hanno smesso presto di chiamarmi “la stagista”, per fortuna. Si sono accontentati del mio nome.
Ah, a proposito: mi chiamo Alessandra. Per colpa dei Pooh e dell’omonimo, nefasto album del ‘72 della band. A Roby Facchinetti gli orecchi devono essere fischiati assai mentre la sottoscritta stava china, sul quaderno della prima elementare, a fare un’infinità di asole e trattini in corsivo. La mia compagna di banco si chiamava Paola: 5 lettere facili facili e penna giù. Li morté.
Bramate saperlo, s’intuisce: sì, li amo gli animali, come tutti gli imbecilli dall’occhio lustro che lo scrivono nelle auto-presentazioni, ma purché abbiano non più di quattro zampe. Il resto è roba croccante fuori e molle dentro, non ci può essere dialogo.
Fui una cantante, ora più da vasca da bagno che da piano-bar.
Leggo e scrivo da che ho memoria e una vaga coscienza di me. Scrivo testi di canzoni, poesie, racconti, diari e una quantità indecente di liste della spesa. Scrivo perché mi va, niente di più, niente di meno. Niente strazi, vizi e lazi, niente vesti da stracciare e necessità impellenti più dell’aria. Pure un quasi-romanzo (già che c’ero...), che non sta dove dovrebbe per antonomasia, per mancanza di adeguato comodino con cassetto.
Che altro? Tre nonni siculi, una padovana. I miei sono nati in Libia; io a Vicenza, città in cui ho vissuto per 4 o 5 giorni prima di affacciarmi sulla laguna.
I vicentini ridevano del mio accento veneziano. I veneziani di quello vicentino. Gli zii a Siracusa di quello del nord; i miei amici, quando tornavo dalle vacanze, di quello del sud. Un coacervo di gioiosi umoristi, insomma.
Ho studiato dizione. Ora, se m’impegno, nessuno capisce da dove io venga e, a me, va bene così.

Ah! Ho saputo che la vostra divisa è arancione: toh! Proprio il colore che più mi dona. Me lo dicono tutti! Ci credereste? Accattatevimi... sì, be', quella roba lì.

3 commenti:

  1. Bellissima presentazione Alessandra e in bocca al lupo per la tua creatura di bit & byte... Paola

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  2. Grazie a te, Paola! Che emozione! Il primo commento! Yeeep! :)

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  3. Questa sì che è una presentazione coi fiocchi! E a proposito di cantanti anni 70...io il mio nome lo devo al sig. Massimo Ranieri.
    Che figo Massimo Ranieri, eh?

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