Il lutto è una strana epifania. Quando incombe da lungo tempo, nube carica di vento, immersa in una sospensione elettrica, s’impara a conviverci. Ogni gesto richiede cura, va misurato per bene, perché il fiato che rimane nella gola è solo un fondo di bicchiere.
E dopo l’attesa, tormento quotidiano e sottile, ecco il nembo farsi carne, all’improvviso. Corpo lucido, che lancia l’ultimo sguardo; al giorno, o alla notte, che diverrà un cerchio nero sul calendario di ciascun anno a venire. Come l’agognata maturità dei diciottenni, avrà finalmente forma. E saprà d’aria.
Le parole, le poche rimaste, mimeranno riti necessari. Ma non si può comprendere la fine, ché siamo sangue e sogni.
Incapaci di arrenderci, storditi, privati di umane, dolorose crociate da sostenere, rimarremo qui a vivere, stupiti di ritrovare la nostra ombra proiettata sul selciato. “È uscito il sole!”, ci spiegherà un amico. E noi non potremo fare altro che chiedere “E adesso?”
"Di dolore in dolore, il dolore passerà".
RispondiEliminaMeno male che Fossati c'è. Come sono strane, le coincidenze. Un bacio.
RispondiEliminaA volte scrivi cose che mentre le leggo sembrano tirate via dai miei pensieri. Una corrispondenza che prende voce...
RispondiEliminaE' questo, secondo me, il tuo talento più grande, o quantomeno la parte di esso che più mi piace.
Grazie :)
Uau... Non potevi davvero scrivere cosa più gradita, Isa, sotto questo post. Grazie a te. :)
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